Come può una PMI italiana tenere in scacco due multinazionali e rischiare il fallimento?

martedì, 13 giugno 2017

Il recente caso della Cesare Albertini Spa, storica azienda della Brianza specializzata nella realizzazione di componenti in alluminio destinati al settore Automotive, mette in luce tutte le criticità, molto spesso sottovalutate, del rischio della business continuity.

La filiera produttiva di qualunque bene di consumo, a maggior ragione di quelli complessi come un’automobile, è ormai strettamente interconnessa a livello mondiale: le multinazionali hanno ubicato le proprie fabbriche in tutte le zone strategiche del pianeta ma, molto spesso, per la fornitura di alcuni componenti caratterizzati da elevata tecnologia e qualità, sono legate ad uno o pochi fornitori strategici, molti dei quali sono italiani.

Nel corso degli decenni l’ingegno, la capacità imprenditoriale e di innovazione tecnologica di alcuni italiani, hanno portato allo sviluppo di importanti realtà produttive che si sono specializzate nella progettazione e realizzazione di componentistica destinata al settore automotive, collaborando in modo diretto con i grandi produttori, con i quali sono ora legati a doppio filo.

Accade spesso che un produttore di auto abbia un unico fornitore mondiale di un determinato componente, ma spesso non vengono considerati i rischi connessi a questo stretto vincolo, e le conseguenze di una problematica di varia natura riconducibile al fornitore possono avere conseguenze catastrofiche su tutta la filiera produttiva.

Un esempio è proprio quello occorso di recente a BMW che, per la fornitura di componenti dell’impianto sterzo, collabora con Bosch che, a sua volta, aveva stretto da molti anni un accordo di fornitura con la Cesare Albertini Spa, storica azienda della Brianza specializzata nella realizzazione di stampi e pressofusione di alluminio di prodotti destinati quasi esclusivamente al settore automotive, che era cresciuta sino ad avere una forza lavoro di oltre 400 dipendenti ed un fatturato di oltre 100 milioni.

Da quanto si apprende dalla stampa, nel corso degli ultimi mesi l’azienda italiana avrebbe avuto problemi nella produzione dei componenti destinati a Bosch che, a sua volta, avrebbe dovuto interrompere le forniture a BMW, con la conseguenza che il colosso automobilistico tedesco avrebbe dovuto sospendere la produzione di circa 8.000 autovetture per alcuni mesi, con le catastrofiche conseguenze del caso che hanno condotto Bosch a decidere di acquistare la proprietà della Cesare Albertini Spa (decisione ad oggi soggetta all’approvazione dell’autority Antitrust), per evitarne il fallimento.

 

Quali considerazioni e spunti di analisi si possono trarre da questo caso?

Innanzitutto è opportuno analizzare quali sono i più importanti rischi cui è sottoposta una PMI italiana coinvolta nella fornitura di prodotti e componenti destinati al settore automotive e non solo:

 

1 – Rischio di fornitura di prodotti difettosi e di azioni di recall e bonifica dei prodotti affetti da difettosità.

 

2 – Rischio di blocco dell’attività produttiva del proprio cliente o delle aziende coinvolte nella filiera del prodotto finale destinato al pubblico, con le conseguenti richieste di risarcimento per fermo produzione.

 

3 – Rischio di incorrere in penali contrattuali stabilite – senza possibilità di deroghe – dal proprio cliente multinazionale, che tipicamente applica alla lettera le clausole contenute nei contratti capestro imposti alle PMI.

 

4 – Rischio di ricevere richieste di risarcimento esorbitanti, determinate dell’elevata numerosità dei prodotti finiti venduti e risultati difettosi a causa del proprio prodotto non conforme, spesso dal valore unitario irrisorio.

 

5 – Rischio di essere coinvolti in cause milionarie da parte dell’utente finale che avesse subito danni corporali per una presunta difettosità del componente fornito ed installato nel prodotto finito messo sul mercato dalla multinazionale.

 

6 – Rischio di non poter continuare a fornire i prodotti a causa di un evento naturale (terremoto, alluvione, uragano) che abbia danneggiato l’unico sito produttivo della PMI.

 

7 – Rischio di avere un blocco produttivo a causa di un attacco informatico da parte di hacker che possono “sequestrare” gli impianti di produzione, ormai tutti interconnessi in rete.

 

8 – Rischio di insolvenza dell’azienda causato da tutte questi rischi.

 

Come vengono affrontate queste tematiche, soprattutto in fase di sottoscrizione degli accordi di fornitura tra la PMI ed una multinazionale?

 

Molto frequentemente tutti questi potenziali rischi non vengono considerati, e, spesso, non si è nemmeno consapevoli della possibilità di poter trasferire parte di questi rischi al mercato assicurativo, grazie al supporto consulenziale che un broker di assicurazioni, un risk manager, ovvero un legale specializzato nella contrattualistica, possono dare alla PMI.

Certamente le coperture assicurative hanno costi anche significativi, ma dovrebbero essere tenute in considerazione a monte, nell’ambito della formulazione dell’offerta che la PMI effettua verso il proprio importante cliente, e non successivamente alla firma del contratto, con le conseguenti cattive sorprese che ne derivano.

Certamente tutte le certificazioni di qualità vigenti in una PMI sono un ottimo strumento di controllo, ma è necessario ricordare che il rischio zero non esiste per definizione, pertanto produrre e vendere seguendo gli standard qualitativi Iso non deve essere considerato un azzeramento del rischio.

Grazie ad un processo di analisi dei rischi maggiormente strutturato, si potrebbe così trasferire parte del rischio al mercato assicurativo, ovvero studiare piani di business continuity, e si potrebbero evitare situazioni catastrofali come quella che è stata analizzata e che ha di fatto portato a questa estrema decisione della multinazionale Bosch di acquistare un fornitore strategico che, altrimenti, sarebbe fallito a causa delle esorbitanti richieste risarcitorie pervenute dalle multinazionali.

E’ indubbiamente necessaria una maggior consapevolezza dei rischi cui un’azienda è sottoposta e, da parte del broker di assicurazione, è doveroso cercare di sensibilizzare le PMI italiane verso un cultura di gestione del rischio che consenta di supportare lo sviluppo tecnologico e produttivo e lo faccia eccellere nel mondo.

Fonti:

http://www.bosch-presse.de/pressportal/de/de/bosch-plant-uebernahme-der-firma-albertini-cesare-s-p-a-aus-italien-108160.html

http://www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2017-06-01/bosch-argina-crisi-bmw-e-fa-shopping-italia-182859.shtml?uuid=AEwMZKXB

http://www.sicurauto.it/tecnica/news/bosch-rileva-lazienda-italiana-che-ha-bloccato-bmw-produzione-al-sicuro.html

http://www.ilgiorno.it/monza-brianza/cronaca/villasanta-bosch-compra-albertini-salva-1.3168438

http://www.lastampa.it/2017/06/03/motori/attualita/lazienda-lombarda-in-ritardo-bosch-se-la-compra-3b9jFKn6pBe8ALAOYcpmyO/pagina.html

 

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Il recente caso della Cesare Albertini Spa, storica azienda della Brianza specializzata nella realizzazione di componenti in alluminio destinati al settore Automotive, mette in luce tutte le criticità, molto spesso sottovalutate, del rischio della business continuity.La filiera produttiva di qualunque bene di consumo, a maggior ragione di quelli complessi come un’automobile, è ormai strettamente interconnessa a livello mondiale: le multinazionali hanno ubicato le proprie fabbriche in tutte le zone strategiche del pianeta ma, molto spesso, per la fornitura di alcuni componenti caratterizzati da elevata tecnologia e qualità, sono legate ad uno o pochi fornitori strategici, molti dei quali sono italiani.Nel corso degli decenni l’ingegno, la capacità imprenditoriale e di innovazione tecnologica di alcuni italiani, hanno portato allo sviluppo di importanti realtà produttive che si sono specializzate nella progettazione e realizzazione di componentistica destinata al settore automotive, collaborando in modo diretto con i grandi produttori, con i quali sono ora legati a doppio filo.Accade spesso che un produttore di auto abbia un unico fornitore mondiale di un determinato componente, ma spesso non vengono considerati i rischi connessi a questo stretto vincolo, e le conseguenze di una problematica di varia natura riconducibile al fornitore possono avere conseguenze catastrofiche su tutta la filiera produttiva.Un esempio è proprio quello occorso di recente a BMW che, per la fornitura di componenti dell’impianto sterzo, collabora con Bosch che, a sua volta, aveva stretto da molti anni un accordo di fornitura con la Cesare Albertini Spa, storica azienda della Brianza specializzata nella realizzazione di stampi e pressofusione di alluminio di prodotti destinati quasi esclusivamente al settore automotive, che era cresciuta sino ad avere una forza lavoro di oltre 400 dipendenti ed un fatturato di oltre 100 milioni.Da quanto si apprende dalla stampa, nel corso degli ultimi mesi l’azienda italiana avrebbe avuto problemi nella produzione dei componenti destinati a Bosch che, a sua volta, avrebbe dovuto interrompere le forniture a BMW, con la conseguenza che il colosso automobilistico tedesco avrebbe dovuto sospendere la produzione di circa 8.000 autovetture per alcuni mesi, con le catastrofiche conseguenze del caso che hanno condotto Bosch a decidere di acquistare la proprietà della Cesare Albertini Spa (decisione ad oggi soggetta all’approvazione dell’autority Antitrust), per evitarne il fallimento. Quali considerazioni e spunti di analisi si possono trarre da questo caso?Innanzitutto è opportuno analizzare quali sono i più importanti rischi cui è sottoposta una PMI italiana coinvolta nella fornitura di prodotti e componenti destinati al settore automotive e non solo: 1 – Rischio di fornitura di prodotti difettosi e di azioni di recall e bonifica dei prodotti affetti da difettosità. 2 – Rischio di blocco dell’attività produttiva del proprio cliente o delle aziende coinvolte nella filiera del prodotto finale destinato al pubblico, con le conseguenti richieste di risarcimento per fermo produzione. 3 – Rischio di incorrere in penali contrattuali stabilite – senza possibilità di deroghe – dal proprio cliente multinazionale, che tipicamente applica alla lettera le clausole contenute nei contratti capestro imposti alle PMI. 4 – Rischio di ricevere richieste di risarcimento esorbitanti, determinate dell’elevata numerosità dei prodotti finiti venduti e risultati difettosi a causa del proprio prodotto non conforme, spesso dal valore unitario irrisorio. 5 – Rischio di essere coinvolti in cause milionarie da parte dell’utente finale che avesse subito danni corporali per una presunta difettosità del componente fornito ed installato nel prodotto finito messo sul mercato dalla multinazionale. 6 – Rischio di non poter continuare a fornire i prodotti a causa di un evento naturale (terremoto, alluvione, uragano) che abbia danneggiato l’unico sito produttivo della PMI. 7 – Rischio di avere un blocco produttivo a causa di un attacco informatico da parte di hacker che possono “sequestrare” gli impianti di produzione, ormai tutti interconnessi in rete. 8 – Rischio di insolvenza dell’azienda causato da tutte questi rischi. Come vengono affrontate queste tematiche, soprattutto in fase di sottoscrizione degli accordi di fornitura tra la PMI ed una multinazionale? Molto frequentemente tutti questi potenziali rischi non vengono considerati, e, spesso, non si è nemmeno consapevoli della possibilità di poter trasferire parte di questi rischi al mercato assicurativo, grazie al supporto consulenziale che un broker di assicurazioni, un risk manager, ovvero un legale specializzato nella contrattualistica, possono dare alla PMI.Certamente le coperture assicurative hanno costi anche significativi, ma dovrebbero essere tenute in considerazione a monte, nell’ambito della formulazione dell’offerta che la PMI effettua verso il proprio importante cliente, e non successivamente alla firma del contratto, con le conseguenti cattive sorprese che ne derivano.Certamente tutte le certificazioni di qualità vigenti in una PMI sono un ottimo strumento di controllo, ma è necessario ricordare che il rischio zero non esiste per definizione, pertanto produrre e vendere seguendo gli standard qualitativi Iso non deve essere considerato un azzeramento del rischio.Grazie ad un processo di analisi dei rischi maggiormente strutturato, si potrebbe così trasferire parte del rischio al mercato assicurativo, ovvero studiare piani di business continuity, e si potrebbero evitare situazioni catastrofali come quella che è stata analizzata e che ha di fatto portato a questa estrema decisione della multinazionale Bosch di acquistare un fornitore strategico che, altrimenti, sarebbe fallito a causa delle esorbitanti richieste risarcitorie pervenute dalle multinazionali.E’ indubbiamente necessaria una maggior consapevolezza dei rischi cui un’azienda è sottoposta e, da parte del broker di assicurazione, è doveroso cercare di sensibilizzare le PMI italiane verso un cultura di gestione del rischio che consenta di supportare lo sviluppo tecnologico e produttivo e lo faccia eccellere nel mondo.Fonti:http://www.bosch-presse.de/pressportal/de/de/bosch-plant-uebernahme-der-firma-albertini-cesare-s-p-a-aus-italien-108160.htmlhttp://www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2017-06-01/bosch-argina-crisi-bmw-e-fa-shopping-italia-182859.shtml?uuid=AEwMZKXBhttp://www.sicurauto.it/tecnica/news/bosch-rileva-lazienda-italiana-che-ha-bloccato-bmw-produzione-al-sicuro.htmlhttp://www.ilgiorno.it/monza-brianza/cronaca/villasanta-bosch-compra-albertini-salva-1.3168438http://www.lastampa.it/2017/06/03/motori/attualita/lazienda-lombarda-in-ritardo-bosch-se-la-compra-3b9jFKn6pBe8ALAOYcpmyO/pagina.html  Location of the event Esedra Broker info@esedrabroker.it false DD/MM/YYYY

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